Nell'area della bassa campagna romana e dell'agro pontino (oggi zone di Latina ed Aprilia), negli anni trenta bonificate e colonizzate con l'immigrazione di consistenti gruppi di pionieri provenienti dall'Italia settentrionale (comunità veneto-pontine), storicamente e culturalmente poco portate alla conoscenza ed all'uso della lingua italiana ma soprattutto sottoposte ad una particolare struttura sociale di "nuova" costituzione, il dialetto romanesco fu all'inizio percepito come idioma "superiore", in quanto era la lingua della (pur piccola) classe impiegatizia e dirigenziale, l'unica sostanzialmente alfabetizzata, quindi percepita lingua del comando oltre che decisamente più simile all'italiano rispetto sia alle parlate proprie (Veneto, Emiliano ed addirittura Friulano) sia alle parlate locali (dialetti Lepini ed Albani). Vogliamo garantire un’informazione di qualità anche online. Un sacco significa 1.000 euro, uno scudo significa 5 euro e una piotta 100 euro. In effetti, il dialetto autentico ed originario, anche oggi, è e rimane solo il "romanesco", ossia quello ereditato dai predecessori, che era assai più fedelmente ancorato alle tradizioni popolari locali, soprattutto prima della Prima guerra mondiale, e prima che si sviluppasse quell'eccezionale fenomeno dell'urbanesimo (verificatosi solo nella capitale), che ha comportato una grande espansione urbanistica a Roma che da una popolazione di poco più di duecentomila abitanti dell'inizio XX secolo, è passata oggi ad oltre tre milioni di abitanti. I nomi dei santi, di Cristo e della Madonna vengono comunque a volte utilizzati, senza alcun ricorso a mascherature, nell'ambito non blasfemo e non religioso dei detti e proverbi popolari, come rafforzativo del concetto che si vuole esprimere ed a rimarcare la confidenzialità del rapporto che il popolano romano ha con loro, in assoluta tranquillità di coscienza. Le generazioni più anziane però continuano a usare questi termini riferendosi all'equivalente in euro del loro vecchio significato in lire (per esempio: una piotta può anche indicare 50 euro, ossia 100.000 lire). Nei tempi attuali ricorre anche saltuariamente il termine neoromanesco, usato per indicare un gergo parlato nelle periferie romane che «si allontana notevolmente dalla parlata del centro per creare una sua lingua periferica, originale nella sapiente utilizzazione del gergo giovanile e nel frequente apporto di conii personali...».[5]. *QUANDO > rom. In questo senso nel dialetto romanesco la parolaccia, la sconcezza o la bestemmia (il “moccolo”) nella maggior parte dei casi prescinde assolutamente dal suo significato letterale o comunque offensivo e – caratteristica frequente tra gli appartenenti al medesimo gruppo linguistico-dialettale – assume un senso simbolico comunemente accettato e riconosciuto. Sarà un fregno, vedi quello che dico su Esposito, però non disprezzerei di per sé l Non è Il commissario ha trovato qualche indizio sull'origine del nome a parte quello Con un unico abbonamento hai la rivista di carta e tutte le versioni digitali. …” Di persona non meglio identificata “ Ho 'ncontrato na …” ) In modo analogo, incontrando una persona la si può salutare con un “Ahó, come stai? Altro frequentissimo significato del vocabolo è quello di “assolutamente nulla” (“nun capisci 'n cazzo!”, “nun me frega 'n cazzo!”, ecc.). Il romanesco moderno non si può più assimilare al romanesco del Belli e di Trilussa: è un dialetto con poche differenze con l'italiano standard ed è uno dei dialetti italiani più intelligibili anche da chi non ne abbia conoscenza. Tuttavia rimangono nel linguaggio popolare ancora numerosi i riferimenti alla lira (in senso perlopiù spregiativo: "nun c'ho 'na lira", "nun vale 'na lira", "robba da du' lire"...) e al quattrino (nella forma dialettale "quatrino"). La diffusione di programmi televisivi e cinematografici ha contribuito a cambiare il vecchio linguaggio della Roma rionale in un qualcosa di leggermente diverso tanto che si può tranquillamente dire che le opere scritte in dialetto da autori come Giggi Zanazzo conservino uno stile diverso. Appartiene al gruppo dei dialetti mediani, ma diverge da essi in alcuni tratti tipicamente toscani[4], diffusi in città durante il Rinascimento dalle allora cospicue (e ricchissime) nationi toscane di stanza a Roma e dalla Corte papale. es. scusate, non so bene come si r. Dai sonetti del Belli sono frequenti le citazioni di monete papali che il popolino indicava come bajocchi e pavoli. Ciò che oggi s'intende con dialetto romanesco[2] è un codice linguistico molto simile all'italiano, tanto da essere considerato spesso più una "parlata" (un accento) che un dialetto. Se ho ben capito sei romano, e accetto acriticamente la tua opinione. Esistono comunque a volte delle differenze importanti, per le quali si rimanda allo specifico articolo. Oppure, si parla di "stile dantesco, petrarchesco, michelangiolesco" ecc. Presenti nella vita quotidiana romana più recente, per i piccoli acquisti, erano i sacchi. “Culo de piombo” invece indica semplicemente la pigrizia. Altrettanto dicasi[18] per una "classica" parolaccia romana: li mortacci tua che assume contrastanti significati a seconda del tono, delle sembianze facciali e corporali che ne accompagnano l'espressione: può infatti significare, se accompagnata da un viso che manifesta meraviglia, sentimenti positivi di ammirazione, sorpresa e compiacimento per un evento fortunato o straordinario («Li mortacci tua, ma quanto hai vinto?»); oppure, con un viso ilare, gioia ed affetto per un incontro inaspettato e gradito («Li mortacci tua, ma 'ndo se' stato finora?»); oppure ancora comunicare sentimenti sia negativi che neutri: con un viso dall'aspetto contrariato o sconsolato, con un tono della voce alterato o sommesso, può rivelare, nello stesso tempo, rabbia o desolazione («Li mortacci tua, ma ch'ha fatto?»). “'Sto fregno è propio 'n cazzabbubbolo!…” Cazzaccio Bastone di legno a tre punte per pigiare l'uva direttamente nei bigonci - e non con i piedi nella “pistarola” - durante una seconda e più modesta vendemmia, chiamata “cresta”, di quei grappoli lasciati sulla vite durante la prima o per scarsità di chicchi o per altra scadente qualità di stare) è diverso da 'sta, che significa "questa". Questa ricchezza di vocaboli e frasi scurrili e (solo apparentemente) offensivi, deriva verosimilmente da una tradizione linguistica della Roma papalina, in cui il popolano rozzo e incolto (ma nobili e clero non parlavano molto diversamente; vedi, in proposito, l'aneddoto raccontato da Giggi Zanazzo in “Tradizioni popolari”, a proposito del papa parolacciaro Benedetto XIV Lambertini)[16] usava esprimersi con un linguaggio spontaneo e colorito che, trascurando la ricerca di sinonimi e alternative concettuali, manifesta quella praticità espressiva di utilizzo verbale che è caratteristica principale del bagaglio culturale popolare. Con l'avvento dell'euro sono rimasti d'uso corrente alcuni di questi termini romaneschi. Questa sostituzione causa inoltre alcuni problemi ai romani che non praticano abitualmente la lingua italiana, i quali spesso, nel tentativo di avvicinarcisi, cadono in errori come quello di utilizzare il condizionale anche al posto del congiuntivo. La stessa parolaccia[19] può significare stati d'animo del tutto negativi, come rancore, odio o dolore, se accompagnata da un aspetto del viso adeguato ma, in tutti i casi citati, la parolaccia non è rivolta tanto ad offendere gli antenati defunti del soggetto a cui è indirizzata - offesa di cui forse questi potrebbe anche non risentirsi - quanto usata come locuzione generica rivolta alla persona stessa: nel senso che può essere indirizzata anche verso chi, magari per la giovane età, non ha defunti di cui onorare la memoria. [3] Tipologicamente può essere considerato un dialetto nel senso anglo-francese, ma non nell'accezione italiana. bŏnus-a-um < it. Spesso alcuni testi riportano i verbi troncati scritti con l'accento grafico grave sull'ultima vocale; alcune fonti riportano l'articolo determinativo scritto con un apostrofo prima della vocale ('a) piuttosto che con quello circonflesso (â). Facebook gives people the power to share and makes the world more open and connected. "Voci Romanesche, Origine e Grafia". Il romanesco e l'italiano: varianti e diffusione sul territorio, La terminologia "sconcia" nel vernacolo romanesco, Diffusione e decadimento del dialetto romano, Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine ". E così: “fregna!” esclamazione di meraviglia ma anche “complimenti!”, “fregnaccia” (=sciocchezza, stupidaggine), “fregnone” (=ingenuo, sempliciotto, ma anche nel senso di troppo buono), “fregnacciaro” (=che le spara grosse, che Battle of San Romano The Battle of San Romano Horses in the Middle Ages Battle of Sant'Egidio Night in paintings (Western art) User:Jane023/Paintings in the Uffizi User talk:El cid, el campeador es.wikipedia.org での使用状況 l'uso della e al posto della a, eccetto il caso che quest'ultima sia iniziale o finale di parola (es: Marco Navigli, Fabrizio Rocca, Michele Abatantuono. L'abbondante uso di accenti (soprattutto di quello circonflesso) e di apostrofi non sempre è riscontrabile nelle fonti (soprattutto dei Maestri Belli e Trilussa), e quindi più che criticabile e migliorabile. Ben coperto di vestiti (da berta = tasca) Mettere da parte, intascare, malversare Abboccare (a un inganno); prendere una strada Azzeccare Andare a una festa senza essere invitato Far confusione per fregare Confondersi Ingannare In alcuni casi gli alterati esprimono uno specifico valore pragmatico-discorsivo: se incontro un. Mario Adriano Bernoni. La cultura popolare è però anche assolutamente infarcita di superstizioni e tradizioni secolari a cui è impensabile rinunciare e che risultano particolarmente evidenti in moltissimi proverbi e modi di dire. *FREGNO= nell’idioma romano dicesi sineddocamente ‘fregno’ o ‘fregna’ un ragazzo o una ragazza particolarmente bono/a. fregno 'persona in gamba, simpatica, piacevole'. lo zetacismo, cioè l'affricazione, sistematica, di /s/ preceduta da /n, l, r/ → [ts] (es: l'assimilazione progressiva all'interno di diversi gruppi consonantici (un fenomeno tipicamente centro-meridionale): /nd/ passa a /nn/ (es: lat. Questa espansione in ampiezza delle caratteristiche più essenziali del linguaggio romano, corrispondente anche al modificarsi della struttura urbanistica della città, sempre più proiettata fuori dalle mura, è stata accompagnata - inevitabilmente - da un pari impoverimento delle risorse lessicali e idiomatiche che costituivano l'identità del dialetto, che per molti dei nuovi "romani" era una lingua nuova, imparata dopo lo stabilimento in città. Il dialetto tradizionale di Roma ha una sua importanza sia letteraria che culturale. posposizione del pronome personale (rom. Per regno o popolo cliente in epoca romana si intendeva un regno o un antico popolo, che si trovasse nella condizione di "apparire" ancora indipendente, ma nella "sfera di influenza" e quindi di dipendenza del vicino Impero romano. USI E COSTUMI DEL POPOLO ROMANO - ANTICHI MESTIERI - MEDICINA POPOLARE - MODI DI DIRE - SUPERSTIZIONI - ITINERARI - PERSONAGGI - SONETTI ROMANESCHI - G. ZANAZZO - G.G. Ottima analisi, i miei complimenti al commissario. E così: “f****a!” esclamazione di meraviglia ma anche “complimenti!”, “fregnaccia” (=sciocchezza, stupidaggine), “fregnone” (=ingenuo, sempliciotto, ma anche nel senso di troppo buono), “fregnacciaro” (=che le spara grosse, che di Carlo Muscetta e, Del resto del tutto regolarmente: si veda la voce, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Varianti di transizione classificati spesso nel gruppo siciliano, Varianti di transizione classificate anche come dialetti veneti, Dichiarazione universale dei diritti umani, Indice - Cronica - Vita di Cola di Rienzo - Anonimo Romano, la prefazione offre molte note storico-linguistiche e di costume assai interessanti sulla Roma appena conquistata dall'Italia, Legislazione italiana a tutela delle minoranze linguistiche, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Dialetto_romanesco&oldid=118962923, Template Webarchive - collegamenti all'Internet Archive, Collegamento interprogetto a Wikisource presente ma assente su Wikidata, Voci non biografiche con codici di controllo di autorità, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo, «Maccarone m'hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Specialmente nei parlanti appartenenti ai ceti più bassi, il romanesco presenta una ricchezza di espressioni e modi di dire decisamente notevole, in continuo sviluppo. le parole per pensare. Culo può infine indicare anche una vittoria netta, minaccia o superiorità ostentata su qualcuno: j'amo - j'ho - fatto 'n culo così, ve famo - te faccio - 'n culo così. Che nun ce vedi?”; qualcosa di durata molto limitata “dura da Natale a Santo Stefano”; e per concludere, l'ineluttabilità della fine è dimostrata dal fatto che “'a morte n' 'a perdonò nemmanco a Cristo”. Anche nei confronti della Madonna e del Cristo si è provveduto a sostituzioni o storpiature del nome; non è quindi peccato esclamare “Madosca” o “Matina” (i più frequenti) e addirittura “Cristoforo Colombo”. Friccico : Piccola quantità [A]; 564. Il dialetto romano moderno viene parlato quotidianamente da quasi tutti gli abitanti dell'area metropolitana di Roma; la maggioranza di essi possiede anche la padronanza della lingua italiana grazie alla forte scolarizzazione, ma essa viene utilizzata più spesso nelle situazioni formali, e risulta meno utilizzata nella vita quotidiana. Abbiamo parole per fingere, parole per ferire, parole per fare il solletico. Nel Novecento, con la crescita della città capitale e degli spostamenti da e verso di essa, alcuni usi propri del lessico e dell'accento romani cominciarono a diffondersi nelle aree contermini della provincia romana che comprendeva a quei tempi il territorio pontino, fino a raggiungere nel secondo dopoguerra (anni settanta) aree e città delle province limitrofe di Frosinone, Rieti e Viterbo, grazie anche a fenomeni crescenti di pendolarismo lavorativo. E così, proprio come potrebbe esprimersi per mettere in risalto la bravura e le capacità di un qualsiasi ciabattino che ha bottega nel vicolo dietro casa, il popolano può tranquillamente affermare che “santa Rosa è 'na santa che cià du' cojoni così!” (attributo riferito, de resto, anche a santa Pupa). E un inflessione regionale, lo dicono nel centro Italia, Marche ecc. Varianti del termine sono la “cazzata”, col preciso significato, derivato dal precedente, di “sciocchezza”, “stupidaggine”, “roba di poco conto”, o alternativamente "menzogna"; “cazzaro”, chi fa o dice cazzate; “incazzatura” (= arrabbiatura); “cazzaccio” o “cazzone”, individuo stupido o insignificante. Condenutu = contenuto, racchiuso, accolto, compreso, represso, trattenuto, frenato, significato Condestà = contestare, negare, mettere in dubbio, fare opposizione Condestatu = … Non diverso è il tono ed il significato di “possi campà quanto 'na scoreggia!”. > Ed alla cabina di regia un /fregno/ indescrivibile di cognome Orfini. L'opera riflette la tendenza della cultura romana di fine settecento che riprende i modelli classici della tradizione secentesca romano-bolognese, recepita dagli insegnamenti del maestro Cavallucci. Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 28 feb 2021 alle 21:44. I. Il dittongo italiano uò, esito della Ŏ breve in sillaba aperta tonica del latino, torna ad essere nel romanesco una ò aperta come nel latino.(p. È per ciò che il dialetto romanesco di Latina e dell'area pontina è sensibilmente diverso dal resto delle parlate diffusesi nel Lazio, risultando molto più vicino al Romanesco originario degli anni '30 rispetto alle altre parlate che invece risentono di più del romanesco moderno, sebbene molti degli abitanti di Latina discendano da veneti e romagnoli stabilitisi in città dopo la bonifica dell'agro. Ne deriva automaticamente che anche per questo dialetto è utilizzabile certamente ed unicamente il suffisso -esco per individuarne la reale connotazione originale e fedele alla tradizione popolare locale, che all'epoca del Belli apparteneva ad un popolino semplice, incolto ed ignorante. Si vedano, ad esem- pio, le poesie di Giovanni Lo Curto, artista romano (nato nel 1946) molto presente nel web, che in Aridiventà pischelli propone versi di questo tipo: «Li tempi che vivi mò, non so più quelli de ’na vorta / lo dovemio I dati parlano da soli è sufficiente analizzarli e chiedersi le ragioni. L'accento circonflesso "^" che si può trovare sopra le vocali "a", "e", "i" e "o" ne allunga il suono e quindi â, ê, î e ô suoneranno come "ee", "aa", "ii" ed "oo". E così: “fregna!”, esclamazione di meraviglia ma anche “complimenti!”; “fregnaccia” (= sciocchezza, stupidaggine); “fregnone” (= ingenuo, sempliciotto, ma anche nel senso di troppo buono); “fregnacciaro” (= che le spara grosse o Andiamo a cercare insieme. Di quest'ultima espressione esiste una variante estremamente raffinata, a dimostrazione dei livelli di fantasia e disinibizione che il popolano romano è in grado di raggiungere nella trasposizione concettuale del vernacolo: “che te rode, 'a piazzetta o er vicolo der Moro?”. pres. la caduta delle vocali all'inizio di parola quando seguite da consonante nasale (m, n, gn) (es: la perdita del tratto laterale del laterale palatale /. Un'ulteriore spiegazione e giustificazione del ricorso in particolare ai due termini cazzo e fregna è da ricercarsi infine, sicuramente, nel fatto che nel dialetto romanesco, come detto di lessico estremamente stringato e rarefatto, la parola forse più tipicamente e frequentemente usata è cosa in tutte le sue varianti (coso, cosi, cosare, cosato ecc. volg. Presentava infatti: In parte questo dialetto si è mantenuto fino al XIX secolo nella parlata del ghetto di Roma, che rimase immune da influenze esterne e quindi più fedele al tipo linguistico originario. del verbo. In un contesto linguistico che privilegia il ricorso alla frase volgare e colorita, una posizione di rilievo è ovviamente assunta dal frequente ricorso, nel vernacolo romanesco, al richiamo di parti anatomiche e sessuali, usato anche in questo caso senza alcun preciso riferimento al significato intrinseco (comunque volgarizzato) del termine. Dizionario dei dialetti italiani, proverbi in dialetto italiano, modi di dire dialettali, poesie in dialetto, filastrocche, racconti, articoli, dizionario, scuola di dialetto, sapori regionali e … l'utilizzo della particella atona “-ne” come rafforzativo di affermazioni e negazioni (es: l'assimilazione del gruppo "ni" [nj] davanti a vocale, anche in posizione iniziale, con la conseguente palatalizzazione in "gn" [ɲɲ] (es: lat. In genere si utilizzano negli articoli, per assorbire la "l". Come testimoniano numerosi testi altomedievali,[7] il volgare che si parlava a Roma nel Medioevo era assai più vicino agli altri dialetti laziali o al napoletano che al fiorentino. Usato da solo è un'esclamazione che esprime sorpresa e meraviglia. Definizione e significato del termine irraggiar Fulvo significato. ind. Questo ha, di fatto, comportato un afflusso di molte altre popolazioni provenienti da tutte le parti d'Italia (ed anche dall'estero), ciascuna con propri usi, costumi, tradizioni, e con un proprio vernacolo originario: nel tempo, ha finito per fondersi e confondersi con il dialetto autentico, ed ha originato una connotazione linguistica dialettologica ibrida, ossia quel vernacolo che attualmente viene parlato, a Roma e nelle zone limitrofe, il quale è una sorta di espressione coagulata tra diverse parlate locali definita dai media “romanoide”. Spesso invece dell'articolo italiano "i" si scrive î: questo si spiega perché l'originale articolo romanesco sarebbe li. [23], Quasi tutte le parole italiane che terminano con la desinenza -esco rappresentano o la parte deteriore di un fenomeno, o una caratteristica di tendenza subordinata rispetto ad un pregiato originale.[24][25]. Se infatti, nell'uso della lingua non dialettale, il ricorso al turpiloquio è generalmente causato da particolari situazioni e viene usato come valvola di scarico di uno stato di aggressività temporaneo, nel dialetto romanesco la parolaccia è parte integrante del normale dizionario, ed esiste quindi sempre e comunque. Il sicuro contenuto offensivo, nella sua concretezza, si propone invece nella forma enfatica della parolaccia stessa: «L'anima de li mejo mortacci tua», dove il riferimento insultante è in quel riferimento "spirituale" all'anima e nella specificità dell'indirizzo ingiurioso rivolto, non ai generici parenti defunti, ma a li mejo, ai più vicini e ai più cari. L'ipotesi dell'origine relativamente moderna della carbonara mi sembra molto convincente. *LIBERU(M) >. Guerre con l'Impero romano Avito , nuovo imperatore d'occidente dal 9 luglio 455 , cercò, senza risultati, l'adesione dell'imperatore d'oriente, Marciano , per un'offensiva comune contro i Vandali, che nel frattempo, avevano occupato le restanti province della Mauretania (l'attuale Algeria centro-occidentale), con i Mauri pronti a riconoscere l'autorità vandalica. E il popolo rimaneva l'unica vittima e oggetto di vessazioni e prevaricazioni. Grazie lo Tale espressione viene spesso confusa da chi non è romano con l'esclamazione "'sto cazzo! La prima è scritta ed ha lo stesso significato che si ha in italiano; pò invece è il romanesco per "può". L'uso dello stesso nome difficilmente creava problemi, data la differenza tra le due cifre: il contesto spazzava ogni dubbio. es. ", che invece esprime stupore, meraviglia; sia in senso reale sia, più frequentemente, in senso sarcastico. Il secondo quadro, La Madonna con il Bambino tra due angeli, si ritiene eseguito nella prima metà del Cinquecento da un artista legato alla tradizione pittorica tardo quattrocentesca. Si verificava quindi uno strano dualismo nei rapporti tra la plebe e il clero (ed i nobili che, per ovvi motivi di interesse e convenienza, erano ben accetti tra le poltrone del potere): ci si inchinava al cospetto del Papa, massima autorità religiosa e riconosciuto rappresentante di Cristo in terra, ma lo si considerava comunque il capo di uno stato assolutista e inquisitore che usava con i sudditi il pugno di ferro ed il boia Mastro Titta o chi per lui; il prete era un ministro di Dio, ma anche l'occhio e l'orecchio del potere; la Chiesa stessa era il “gregge di Dio”, ma anche una struttura statale oppressiva. di «(bestia) di pelo fulvo » - «belva»; ha lo stesso etimo dell'ital. falbo].- Roma, Lazio ieri e oggi, 1986. Sulla progressiva toscanizzazione del romanesco nel corso del Rinascimento sono fondamentali gli studi di Gerhard Ernst. Il termine "piotta" indica il numero cento ed era usato per indicare la moneta da 100 lire o la banconota da 100.000 lire. hŏmo < it. Fregnone : Uno che si fa facilmente imbrogliare, allocco grande grosso e fregnone [B]; 562. uomo ~ rom. Qualche esempio: a sottolineare l'assoluta impossibilità di cambiare una decisione irremovibile “nun ce so' né Cristi né Madonne!” o anche “nun ce so' santi!”; una signora eccessivamente ingioiellata “pare 'a Madonna de le Frattocchie”; sul corpo di una ragazza non particolarmente dotata di curve “c'è passato san Giuseppe caa pialla”; ad un testardo che non recede dalle proprie convinzioni neanche di fronte all'evidenza si può ricordare che “san Paolo quanno cascò da cavallo disse ‘Tanto volevo scenne!’”; un'opera che sembra non arrivare mai alla conclusione (come la costruzione della Basilica Vaticana) “pare 'a fabbrica de san Pietro”; uno sbadato che inciampa si può apostrofare con “santa Lucia! Adattando le apocopi (di cui il romanesco abbonda) rispetto allo standard italiano si permette la lettura del romanesco anche a chi non sia di madrelingua. Ossia proprio quello che egli qualificava come tale nella prefazione della sua Opera Omnia. volg. le parole per parlare. Regalati o regala Internazionale. Fricche, fricchettone “: Freak” [A]; 563. Così, per un bambino che si fa male cadendo si può lanciare un “mannaggia santa Pupa!”[21] protettrice, appunto, dei bambini (i pupi); all'indirizzo di un distratto, o a seguito di una disattenzione, si può imprecare “San Guercino!”, ecc.. Il fatto che qualcuno di questi nomi possa corrispondere ad un Santo realmente esistito passa in secondo piano, quasi come un caso di involontaria omonimia, ma per essere proprio tranquilli si può sempre ricorrere a un “mannaggia quer santo che nun se trova!”.